Ambiente

Taranto: Corte di Assise confisca l’area a caldo

A cura di avv. Maurizio Rizzo Striano

Per chi si batte per la chiusura dell’acciaieria la confisca degli impianti è l’esito maggiormente importante del processo Ambiente Svenduto, conclusosi in primo grado con il pieno accoglimento delle accuse dei PM.

La prima conseguenza è infatti che con la conferma del sequestro ( che per legge si trasforma in confisca) salta il contratto stipulato fra Governo ( a mezzo della controllata Invitalia) e Mittal.

Nel contratto del marzo 2020 (art. 26) era stata inserita una espressa clausola risolutiva che subordinava l’obbligo di acquisto da parte dell’affittuario (Mittal) al venir meno del sequestro degli impianti entro il 31 maggio 2022.

Ora è vero che in grado di appello la sentenza della Corte di assise potrà essere totalmente riformata e quindi si potrà ottenere il dissequestro degli impianti al posto della confisca , ma sicuramente la sentenza di appello arriverà ben oltre i termini previsti nel contratto .

L’esito sarà quindi che Mittal potrà andarsene senza pagare un euro di penale . A meno che Governo e parti modifichino il contratto in qualche modo che è davvero difficile ipotizzare. In ogni caso Mittal ha fatto e farà il bello ed il cattivo tempo.

La confisca degli impianti significa che lo Stato diventa proprietario degli stessi. Questa non è però una grande novità, visto che lo Stato era già diventato proprietario degli impianti in base ad un decreto legge salva ILVA del 2014. Cambia pero il Ministero competente . Mentre prima la legge che dispose la nazionalizzazione attribuiva al MISE il controllo su ILVA, ora il controllo passerà al Ministero di Grazia e Giustizia, secondo le regole dell’apposito fondo che riguarda la gestione dei beni confiscati.

Questi beni possono essere utilizzati sul mercato ( anche essere venduti) solo se è cessata ogni loro pericolosità in relazione ai reati per cui è intervenuta la condanna.

Un esempio serve a chiarire. Se viene confiscato un impianto dove si producevano eroina e cocaina, ovviamente non potrà essere né gestito a tal fine, né venduto. Ma se si rimuovono tutte le attrezzature destinate a produrre le droghe , l’immobile potrà essere venduto tramite aste giudiziarie.

Lo stesso vale per ILVA. Se gli impianti saranno messi in sicurezza in modo che risulti interrotta la permanenza di qualunque reato, essi potranno essere gestiti e venduti.

E’ chiaro quindi che bisogna evitare un qualsiasi intervento governativo che cambi ancora una volta le regole, attestando che non vi è più nessun rischio che era esistente solo durante la gestione RIVA.

In ogni caso , sia la posizione di assoluto dominio di Mittal , sia la grave responsabilità che si dovesse assumere il governo se decidesse di fare proseguire l’attività utilizzando un bene confiscato, sembrano essere ostacoli insormontabili.

Difficilmente il governo potrà seguire questa condotta. Anche perché essa sarebbe duramente repressa e sanzionata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

Questo vale per un Governo ragionevole. Su ILVA però siamo abituati a decisioni governative tutt’altro che logiche e ragionevoli, quindi non si può escludere un ennesimo decreto salva ILVA .

Un dato è certo. Il mostro ha subito un altro duro colpo.

Sugli altri aspetti della sentenza occorre attendere le motivazioni. Quello che si può dire è che nessun funzionario del Ministero dell’Ambiente è stato condannato. Il filone politico del processo si ferma in Puglia, anche se chi ha permesso lo scempio della gestione Riva stava a Roma!

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