Ambiente

Bioplastiche compostabili e raccolta differenziata virtuosa: meno rifiuti, meno sprechi di materie prime e recupero di risorse per l’agricoltura.

L’uso delle bioplastiche compostabili in agricoltura permette di realizzare processi produttivi molto più sostenibili, rispettosi dell’ambiente e rappresentano la migliore alternativa alla plastica tradizionale, derivante dai combustibili fossili, di cui una quota non trascurabile e a lungo contaminante permane nel terreno, sotto forma di micro e nanoplastiche, con effetti negativi sulla salute umana se ingerite attraverso il cibo. Anche la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ne raccomanda la sostituzione con materiali biodegradabili a base biologica, progettati specificatamente per degradarsi ed essere incorporati nel terreno dopo il raccolto.     
Le bioplastiche compostabili sono materiali efficienti e tecnologicamente maturi. Il loro utilizzo presente e futuro permette di migliorare l’equilibrio tra i benefici ambientali e la necessità di affrontare con coscienza il fenomeno dell’inquinamento da plastiche, promuovendo al contempo la giusta transizione dal modello di economia lineare a quello circolare ‘zero waste’ con grandi vantaggi per le pratiche agricole e le economie rurali, rendendo le colture sicure.           

Questo il focus del convegno “Bioplastiche compostabili: una risorsa per l’agricoltura, un vantaggio per l’ambiente promosso da Fondazione UniVerde in collaborazione con Re.N.Is.A. – Rete Nazionale Istituti Agrari e con la main partnership di Biorepack, il consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile che si è svolto oggi, martedì 23 aprile, alla Sala dei Consigli Superiori – Parlamentino Cavour presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste e trasmesso in diretta streaming su Radio Radicale. Media partners: Askanews, Italpress, TeleAmbiente.

L’evento è stato aperto dal saluto di benvenuto di Marco Lupo (Capo Dipartimento della sovranità alimentare e dell’ippica, Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste) che si è complimentato con gli organizzatori del convegno, “una giornata volta a informare e formare studentesse e studenti degli Istituti Agrari a cui teniamo molto. Le bioplastiche compostabili sono un chiaro esempio di come attraverso l’innovazione tecnologica si possano conciliare le esigenze delle imprese e la tutela ambientale generando un circuito virtuoso”, ricordando che già in qualità di Direttore del Ministero dell’Ambiente ha collaborato alla stesura del protocollo d’intesa per la promozione della filiera della chimica verde italiana, “l’industria chimica ha dimostrato lungimiranza nell’investire e nel credere in questo settore di cui oggi il nostro Paese è leader”.

I lavori sono stati introdotti dalle relazioni di:

Francesco Paolo La Mantia (Professore emerito in Tecnologia dei Polimeri presso l’Università degli Studi di Palermo e Coordinatore dell’unità di ricerca presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali – INSTM) che ha evidenziato: “Le bioplastiche compostabili sono polimeri che si biodegradano dando luogo, oltre che a CO2 ed acqua, anche ad un emendante del terreno noto col nome di compost. Questi polimeri risolvono il problema del fine vita dei manufatti in materie plastiche ed essendo provenienti da fonti naturali non sono dannose per l’ambiente in quanto non rilasciano gas serra antropogenici come le plastiche provenienti dal petrolio. Per queste loro caratteristiche sono particolarmente utili in agricoltura in particolare come film per la pacciamatura, sono manufatti con vita breve e, alla fine del loro uso, forniscono carbonio al terreno”.

Domenico Ronga (Professore associato in Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso il DIFARMA dell’Università degli Studi di Salerno) ha illustrato: “Razionalizzare l’uso dei materiali plastici in agricoltura e annullare la produzione del rifiuto, sono alcuni degli obiettivi che perseguiamo con il mio gruppo di ricerca, presso i laboratori e i campi sperimentali dei Corsi di Agraria del DIFARMA dell’Università degli Studi di Salerno. In modo particolare da diversi anni lavoriamo sull’impiego di teli pacciamanti biodegradabili in suolo nei diversi sistemi di coltivazione, sia integrato che biologico, come anche sulla valorizzazione dei fertilizzanti organici. In una prova, condotta per tre anni e in diverse località, su pomodoro da industria, coltivato con metodo biologico, si sono confrontati teli pacciamanti con diverse percentuali di materiale ottenuto da matrici rinnovabile GM free e biodegradabili in suolo in conformità con lo standard europeo EN 17033. Alla fine del triennio abbiamo registrato una maggiore resa commerciale, + 20 tonnellate ad ettaro di bacche mature, che ha influito direttamente sulla produzione lorda vendibile del pomodoro, risultando superiore di alcune migliaia di euro in quasi tutti i campi prova, con una differenza media del triennio di circa 3.000 euro ad ettaro a favore dei pomodori coltivati con l’impiego dei teli pacciamanti biodegradabili in suolo. Inoltre, i volumi irrigui apportati nei campi prova, grazie all’impiego dei teli pacciamanti biodegradabili in suolo ha consentito un risparmio idrico pari al 7% come media di tutte le località e annate. I risultati di queste prove dimostrano che l’utilizzo della pacciamatura biodegradabile in suolo nella coltivazione del pomodoro da industria in biologico, rappresenta un valido mezzo tecnico per gestire alcune problematiche anche legate ai cambiamenti climatici, come il controllo delle infestanti e del fabbisogno irriguo, oltre a consentire un aumento della produzione lorda vendibile. Altre prove sono in corso, sempre con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità delle produzioni agricole”.

Hanno fatto seguito gli interventi: 

Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde): “La difesa degli ecosistemi dall’inquinamento da plastiche è da anni una priorità planetaria. La dispersione in particolare di microplastiche nell’ambiente, con la presenza anche nel corpo umano dimostrata scientificamente da recenti studi, rende indispensabile ogni azione utile a ridurne l’uso e soprattutto l’inquinamento che producono. Le bioplastiche di origine vegetale sono da anni un’innovazione tecnologica riconosciuta come eccellenza italiana. Devono anch’esse essere raccolte in modo differenziato per entrare appieno in un circuito di economia circolare. Occorre favorire in molti campi, e in special modo dove resiste la necessità del monouso, la transizione verso materiali di origine biologica, più rispettosi della natura. È una questione di buon senso e di rispetto per la salute e l’ambiente, che mette al centro dell’attenzione la necessità di affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile in agricoltura. Per promuovere un sistema agroindustriale pienamente sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale occorre fare sistema tra Istituzioni, aziende, filiere, associazioni e rappresentanze a vantaggio della protezione dell’ambiente, delle colture e della qualità dei prodotti agricoli”.

Gianfrancesco D’Andrea (Dirigente scolastico dell’Istituto Omnicompresivo ‘Alvito’ – FR e Vicepresidente Re.N.Is.A. – Lazio) ha portato i saluti di Patrizia Marini (Presidente nazionale Re.N.Is.A.) e ha sottolineato: “La lotta alle plastiche e l’obiettivo di una agricoltura che sia davvero sostenibile sono due priorità imprescindibili per la Rete Nazionale degli Istituti Agrari: dobbiamo puntare su nuove generazioni di professionisti dell’ambiente a trecentosessanta gradi, che siano consapevoli e attenti, che abbiano la giusta visione del futuro coniugando sostenibilità e innovazione. Il mondo della scuola, in particolar modo il settore degli Istituti tecnici e professionali agrari, vive già da tempo il senso di questa grande sfida all’interno delle proprie aziende agrarie, in sinergia con il mondo scientifico e imprenditoriale, in ogni regione d’Italia”.

La filiera italiana delle bioplastiche compostabili sostiene l’innovazione e la transizione del settore primario verso l’utilizzo di materiali a base biologica che permettono di realizzare pratiche circolari a vantaggiano dei terreni agricoli poiché forniscono nutrienti e minerali ai suoli quando vengono naturalmente compostati. Senza dimenticare le opzioni offerte da preziose materie prime (tra cui, residui della frazione organica, sottoprodotti agroalimentari e recupero della biomassa agricola) cui dare degna valorizzazione.

Carmine Pagnozzi (Direttore Generale Consorzio Biorepack): “Nelle nostre case abbiamo una vera e propria miniera di preziose risorse da reimmettere nella nostra economia invece di sprecarle destinandole a termovalorizzazione o discarica. La frazione organica dei rifiuti (Forsu) e gli imballaggi compostabili non fanno eccezione: tale componente rappresenta quasi il 40% del totale dei rifiuti prodotti. Gestirla correttamente significa quindi ottimizzare l’intero ciclo dei rifiuti e disporre di grandi quantità di compost con il quale riportare fertilità ai terreni agricoli. L’Italia, dotandosi per prima a livello europeo di un consorzio destinato a gestire il fine vita delle bioplastiche compostabili, ha mostrato particolare lungimiranza: esse da un lato facilitano la raccolta della Forsu, stimolando le buone pratiche di raccolta da parte dei cittadini. Dall’altra, aumentano la quantità di materiali compostabili e quindi il compost prodotto”.

Con il coordinamento di Valerio Rossi Albertini (Fisico, divulgatore scientifico e primo ricercatore CNR), sono inoltre intervenuti:

Patty L’Abbate (Vicepresidente Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, Camera dei Deputati): “L’utilizzo delle bioplastiche nella nostra economia porta a risolvere una serie di problemi e a raggiungere obiettivi richiesti a livello europeo, come la raccolta differenziata dell’umido obbligatoria dal 2022, che deve essere di qualità. Va dunque eliminata la percentuale di plastica e questo può essere ottenuto considerando imballi e materiale monouso in bioplastica, anche contrastando la vendita di prodotti contraffatti privi delle caratteristiche di biodegradabilità richieste dalle norme di settore. Un rifiuto organico di qualità crea un compost di qualità adatto a migliorare la fertilità del suolo. Le bioplastiche sono ottenute da materia prima vegetale e non comportano l’utilizzo di petrolio e gas naturale utilizzati per la produzione della normale plastica: decarbonizziamo ed evitiamo di aumentare la quantità di rifiuti di plastica con grande pericolo per gli ecosistemi. Cambiare abitudini è necessario, virare verso prodotti e materie prime a basso impatto ambientale come le bioplastiche è un passo importante per la transizione verso un modello economico circolare, il raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 e la neutralità climatica al 2050 sottoscritta nella strategia Green New Deal”.

Alessandro Caramiello (Componente Commissione Agricoltura, Camera dei Deputati): “È nostro dovere sostenere con fermezza l’adozione delle bioplastiche compostabili nell’agricoltura quale soluzione chiave per promuovere processi produttivi sostenibili e rispettosi dell’ambiente. Parliamo di una valida alternativa alle tradizionali plastiche derivate dai combustibili fossili, le quali possono persistere per lungo tempo nell’ambiente sotto forma di micro e nanoplastiche, con conseguenze dannose sulla salute umana. Le bioplastiche compostabili, invece, offrono un chiaro vantaggio nella nostra transizione verso un’economia circolare e orientata al zero waste, con l’obiettivo di favorire la salvaguardia dell’ambiente e contribuire a potenziare le pratiche agricole e le economie rurali, garantendo un equilibrio ottimale tra i benefici ambientali e la necessità di ridurre l’inquinamento da plastica. Per questo motivo, anche in qualità di capogruppo M5S in Commissione agricoltura alla Camera dei Deputati, osservo con estrema attenzione l’importanza delle bioplastiche compostabili quale strumento fondamentale per affrontare in modo consapevole la sfida dell’inquinamento da plastica, promuovendo un futuro più sostenibile e prospero per tutti”.

Luca Bianconi (Presidente Assobioplastiche), in un videomessaggio, ha evidenziato che solo il 28% del rifiuto plastico agricolo viene riciclato sottolineando invece gli enormi vantaggi offerti dall’impiego delle bioplastiche in agricoltura, connesse tra loro da uno stretto legame. L’associazione, insieme a FederBio, ha avviato nel 2019 una sperimentazione triennale per l’utilizzo di film biodegradabili per la pacciamatura, ad alta percentuale di rinnovabilità e conformi allo standard europeo, nella coltivazione biologica del pomodoro. La sperimentazione, a cui ha partecipato anche l’Università degli Studi di Salerno, ne ha mostrato l’assoluta efficacia. In particolare, preservano la produttività e migliorano la qualità del raccolto, senza ostacolarne la raccolta meccanizzata: “Tali film biodegradabili sono stati sottoposti a rigorosi test e vengono oggi impiegati su diverse colture orticole, presentando rese superiori rispetto a terreni non pacciamati. Un modello preso ad esempio anche dal Ministero dell’Agricoltura del Cile con cui Assobioplastiche ha firmato un memorandum”.

Debora Fino (Presidente Re Soil Foundation): “I bioprodotti, dei quali le bioplastiche compostabili sono una componente molto importante, costituiscono un ampio e innovativo campo di applicazioni che non rilasciano microplastiche persistenti nell’ambiente e aiutano a restituire carbonio organico al suolo in ottica di bioeconomia circolare, migliorando la salute dei terreni agricoli e degli ecosistemi. Incentivarne l’utilizzo significa dare un contributo importante nello sforzo, tutt’oggi sottovalutato, di curare i suoli agricoli degradati. È importante ricordare che il 68% dei terreni agricoli ha perso più del 60% del carbonio organico originariamente presente in essi. Il nostro futuro dipende dalle scelte che facciamo oggi. Investire nei bioprodotti e nelle bioplastiche compostabili rappresenta un significativo contributo verso uno sviluppo che rispetti l’ambiente e le generazioni future”.

Cinzia Coduti (Consulente legale Area Ambiente e Territorio di Coldiretti): “L’impiego delle plastiche compostabili in agricoltura consente di individuare una soluzione efficace e sempre più diffusa tra gli imprenditori agricoli non soltanto come manufatti direttamente utilizzati in campo, ma anche come materiale da impiegare per ottenere un fertilizzante in grado di migliorare l’apporto di sostanza organica nei suoli, arrestando la perdita di biodiversità e gli effetti dei cambiamenti climatici. Occorre garantire una corretta gestione dei rifiuti organici ed una raccolta differenziata di qualità per ottenere un compost tracciabile e idoneo ad assicurare, nel percorso della transizione ecologica, benefici ambientali effettivi a sostegno dell’attività degli imprenditori agricoli nella costruzione di filiere alimentari sane e sostenibili, nel rispetto dei principi dell’economia circolare e della bioeconomia”.

Maurizio Desantis (Collaboratore del Consorzio Italiano Compostatori – CIC): “La raccolta differenziata dei rifiuti urbani in Italia ha raggiunto quantità considerevoli di oltre 19 milioni di tonnellate, di cui oltre il 38% è costituito da frazione umida e verde. Questa grande quantità di rifiuti organici può essere trattata attraverso un processo di compostaggio che ne permette la trasformazione in compost con il suo successivo utilizzo in agricoltura anche biologica. Il compost, però, prima del suo utilizzo, deve rispondere ad alcuni criteri definiti dalla normativa vigente che ne permetta la fine della qualifica di rifiuto diventando fertilizzante. Affinché ciò possa avvenire è necessario che il materiale di partenza sia ‘pulito’ soprattutto da plastiche ed altri materiali non compostabili. L’utilizzo di plastiche biodegradabili e manufatti compostabili risulta, pertanto, indispensabile per il raggiungimento di obiettivi di riutilizzo del prodotto come previsto dagli obiettivi fissati dall’Unione Europea nell’ambito del pacchetto dell’Economia Circolare”.

La plastica convenzionale contamina la terra che usiamo per coltivare il cibo. Le bioplastiche compostabili, realizzate con materie prime rinnovabili, sono un’alternativa ecologica e innovativa che permette la gestione circolare dei terreni e supporta le attività agricole.          
Il convegno, che ha visto la presenza di studentesse e studenti di diversi Istituti d’Istruzione Superiore della Regione Lazio vocati alla formazione di nuovi professionisti del settore primario – Istituto Tecnico Agrario Emilio Sereni e IIS Domizia Lucilla di Roma e l’Istituto Tecnico Agrario di Alvito, in provincia di Frosinone – è stato una interessante occasione di confronto tra la filiera delle bioplastiche compostabili e il settore agricolo.

Alla luce dell’importanza che le bioplastiche rivestono nel fungere da tramite verso l’urgente progressivo abbandono della plastica tradizionale, il dibattito si è anche posto l’obiettivo di superare la generale disinformazione e impreparazione sul perché è importante effettuare una corretta raccolta differenziata dei rifiuti organici e sul perché insieme a loro vanno conferiti anche gli imballaggi in bioplastica compostabile certificati, per far sì che una preziosa risorsa non venga considerata uno scarto ma valorizzata in agricoltura per i tanti vantaggi che ne deriverebbero per l’ambiente, secondo i più sani principi dell’economia circolare.

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