Cronaca

Roma, chiuso un bar perché frequentato da pregiudicati, i titolari protestano

Accade nel quartiere romano di Tor Bella Monaca: secondo gli inquirenti il bar sarebbe frequentato da pregiudicati, e anche se ai titolari non viene contestato nessun reato, gli è stata recapitata la revoca della licenza.

Secondo gli inquirenti il bar sarebbe abitualmente frequentato da pregiudicati e spacciatori, tanto che nel corso degli anni la zona adiacente sarebbe stata teatro di numerosi arresti per droga. Inoltre i riflettori sul locale si accesero anche lo scorso marzo, quando nelle vicinanze dello stesso ebbe luogo un agguato a colpi di arma da fuoco nei confronti di un individuo appena uscito di prigione, che risultò ferito.

Per questo motivo lunedì mattina i Carabinieri della Compagnia di Frascati e gli uomini della Polizia Locale di Roma Capitale hanno notificato ai titolari del bar Dalila la revoca della licenza di somministrazione di alimenti e bevande (ex art. 19 del d.p.r. 616/1977) disposta dal Prefetto, che si concretizza con l’obbligo di chiudere definitivamente l’esercizio commerciale entro 24 ore dal momento della notifica. Si tratta del secondo provvedimento di questo tipo disposto nel giro di pochi mesi nel quartiere di Tor Bella Monaca.

La disperazione dei titolari

La decisione ha ovviamente gettato nello sconforto i titolari del locale, ai quali non è stato contestato nessun reato. “Siamo persone per bene che lavorano duramente. Con il lavoro nel bar ci mangiano tre famiglie, che adesso non sanno dove sbattere la testa” dichiara la proprietaria del locale, Anna Maria Tanzi, che dal 2010 gestisce il locale insieme ai suoi familiari. La donna non nega che il bar sia frequentato anche da persone dedite alla delinquenza, ma fa notare come questo abbia sede in un quartiere difficile, e che non può impedire alle persone di accedere al locale. La donna sottolinea inoltre come i gestori si siano impegnati per scoraggiare fenomeni illeciti, installando le telecamere di sorveglianza sia all’interno che all’esterno del locale.

Noi chiudiamo, mentre lo spaccio di droga qui di fronte va evanti come nulla fosse”, reclama la titolare, che dichiara di essere pronta ad impugnare la revoca dinnanzi al Tar. Anche il marito della proprietaria, che a causa della pandemia si trova in cassa integrazione, non manca di evidenziare la propria delusione e indignazione. “Lo Stato se la prende con i più deboli e questo non è giusto. Qui oltre a mia moglie ci lavorano mia figlia e mio cognato. Ora dovremmo andare avanti solo con i pochi soldi di cassa che mi danno?”.

La presa di posizione di Asia Usb

A difesa dei titolari del bar si schiera Maria Vittoria Molinari, dell’Asia Usb (Associazione Inquilini e Abitanti, della Unione Sindacale di Base) secondo la quale “chiudere un’attività per sospette frequentazioni criminali è il fallimento della politica“. La sindacalista evidenzia come si trattasse di una delle poche attività commerciali rimaste aperte, e sostiene che i problemi del quartiere, con i quali tutti i residenti sono costretti a fare i conti, dovrebbero essere affrontati in modo diverso.

Cosa dice la legge

La misura della sospensione temporanea o nei casi più gravi la revoca della licenza nei confronti di esercizi commerciali abitualmente frequentati da pregiudicati è una prassi consolidata, e negli ultimi lustri il provvedimento è stato adottato nei confronti di diversi locali in tutta Italia. La misura è volta a sottrarre punti di ritrovo a soggetti dediti alla criminalità, inoltre la frequentazione abituale di un locale da parte di pregiudicati è considerata una circostanza idonea a creare allarme sociale, e fonte di pericolo concreto per la collettività.

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