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Possiamo nutrire tutta l’umanità senza porre fine alla vita sul pianeta?

In appena un paio di secoli dalla rivoluzione industriale, la popolazione umana si è moltiplicata oltre ogni immaginazione. C’erano scrittori che avevano immaginato che oltre i 5 miliardi, il sistema sarebbe crollato.

Non è andata così.

Nel 1800, eravamo circa 900 milioni, oggi siamo arrivati oltre i 7,7 miliardi di esseri umani. Nell’arco di un anno al massimo saremo oltre gli 8 miliardi. Il fatto è che più siamo e più velocemente ci riproduciamo.

Ma come siamo diventati così tanti?

La maggior parte di questa enorme espansione demografica ha avuto luogo all’indomani della seconda guerra mondiale (1939-1945). Questa enorme accelerazione è stata possibile solo grazie all’agricoltura industrializzata, sviluppatasi specialmente negli anni 1920-1930. Un modello che, se dovessimo giudicarlo solo in termini di produzione attuale, dovrebbe essere considerato un successo.

Ma ha solo un piccolo problema: è insostenibile.

Il nostro modello di sostentamento è alieno alla natura. La rivoluzione industriale, il meccanismo capitalistico deve essere interpretato attraverso due dinamiche chiave: la spaccatura della società con la natura, e l’avvio di un sistema di crescita basato sui combustibili fossili.

Siamo come una sanguisuga su un paziente impossibilitato a muoversi. Emettiamo CO2 in quantità insostenibile, estraiamo materiali rari dal suolo, disboschiamo, desertifichiamo inesorabilmente, tutto alla ricerca di altri materiali, altre risorse, altre terre.

Abbiamo creato società industriali che sono essenzialmente società minerarie, non più dipendenti dalla luce solare e dalla fotosintesi, ma da risorse del sottosuolo scarse ed esauribili.

All’inizio è stato un successo però.

La nuova agronomia del diciannovesimo secolo scopre la concimazione minerale delle piante. Dopo la prima guerra mondiale, il processo Haber-Bosch inaugura un’era in cui il cibo può essere prodotto con un’intensità sconosciuta. Dopo la seconda guerra mondiale arriva il DDT, che apre una guerra contro i parassiti.

Ma ora, possiamo vedere senza alcun dubbio alcuno, come il nostro modello sia fragile e insostenibile. La nostra impronta ecologica supera la sostenibilità del pianeta.

E qui arriviamo al cuore del problema: come sfamare così tante persone?

Ad oggi non esiste un modo conosciuto per nutrire una popolazione di 10 miliardi di persone. Almeno non con i sistemi di cui disponiamo oggi. Almeno che parte della popolazione sia messa a dura prova di sopravvivenza. Già oggi una parte del mondo produce oggetti e cibo, che l’altra parte consuma e mangia.

Dobbiamo quindi invertire rotta. Recuperare la simbiosi con la natura è l’unica strada. Ma ovviamente, ciò richiede il cambiamento del modello di produzione e delle forme di consumo.

Siamo ancora intrappolati nel feticismo della merce, nell’accumulazione di capitale, nell’idolatria del consumo, nella confusione tra comodità e felicità.

Le nostre società, al giorno d’oggi, preferiscono ignorare queste domande. Ma questo non vuol dire risolvere il problema.

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