Per una strategia nazionale dell’eolico offshore in Italia
Le sfide da vincere: la visione del player Renexia
Quali sono i Paesi europei che stanno guidando il passaggio all’energia eolica offshore?
Secondo i dati di WindEurope, la federazione che rappresenta l’industria europea dell’energia eolica, è la Danimarca ad aver conquistato il primo posto della speciale classifica, con il maggior contributo dell’eolico al consumo energetico nel 2022 (55%).
Tuttavia, tra i Paesi che seguono in classifica, l’Irlanda è seconda (34%), terzo il Regno Unito (28%) seguito dalla Germania (26%), Paesi che restano leader del mercato dell’eolico.
Il Regno Unito è di gran lunga il mercato più forte per l’eolico offshore. In base ai dati dei ricercatori dell’Imperial College di Londra, l’energia eolica è stata la principale fonte di elettricità della Gran Bretagna nel primo trimestre del 2023 (32,4%), superando il gas naturale ed evidenziando il ruolo sempre più importante che le energie rinnovabili sono destinate a svolgere negli anni a venire.
Per quanto riguarda le prossime installazioni, la Germania è ancora in testa, anche se altri Paesi stanno recuperando terreno. Ad esempio, l’Agenzia svedese per l’energia ha da poco pubblicato un rapporto che fornisce una base per la pianificazione marittima del Paese, al fine di consentire la produzione di 120 TWh di energia eolica offshore. Il governo svedese ha dato seguito con l’annuncio del via libera a due parchi eolici offshore al largo della costa occidentale.
Nonostante queste nuove spinte alla transizione energetica, secondo WindEurope, l’UE sarebbe destinata a mancare gli obiettivi al 2030. Per invertire fin da subito la tendenza, i Paesi dovrebbero distribuire oltre 30 GW ogni anno fino al 2030. Ma sono risultati possibili? Per la federazione no. Come segnala nel suo ultimo report, nel 2022 le nuove installazioni eoliche sono state pari a 19,1 GW: di queste 16,7 GW sono onshore e solo 2,5 GW quelle offshore. Per sbloccare veramente il potenziale dell’offshore, i governi devono snellire le lunghe procedure di autorizzazione. Ciò diventerà sempre più importante anche in vista del repowering, il processo di sostituzione dei componenti originali a fine vita.
Eolico offshore: la prima asta in Irlanda e il programma per start up in Norvegia
L’Irlanda ha tenuto con successo la sua prima asta eolica offshore, portando a un buon numero di sottoscrizioni: sono stati aggiudicati ben quattro progetti eolici offshore con una capacità combinata di 3 GW. Il prezzo medio delle offerte vincitrici è stato di 86 €/MWh, molto inferiore alle attese. Il completamento con successo dell’asta è una svolta per le energie rinnovabili in Irlanda ed è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi fissati nel Piano d’azione per il clima 2030 del Paese. Per fare questo, il governo irlandese ha indicizzato i costi operativi e di manutenzione all’inflazione, un buon modello che altri Paesi potrebbero seguire. Sono stati inoltre annunciati sostegni alle comunità marine e costiere locali che beneficeranno di oltre 24 milioni di euro all’anno, a partire dalle fasi di installazione e fino a 20 anni dopo che i parchi eolici inizieranno a produrre energia elettrica.
L’Irlanda punta ai 5 GW di capacità eolica offshore installata e altri 2 GW di capacità eolica galleggiante in fase di sviluppo. È fondamentale per l’obiettivo del governo di fornire l’80% dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Ma è solo l’inizio perché entro il 2050 aspira ad averne almeno 37 GW.
Altre novità arrivano dalla Norvegia. Il Norwegian Offshore Wind ha lanciato NOW Accelerator, il progetto per favorire la crescita di startup nel settore dell’eolico offshore. Il programma è il primo nel suo genere e inizierà ad agosto. L’acceleratore funzionerà in stretta collaborazione tra i partners del settore e il Norwegian Offshore Wind, il più grande ente rappresentativo dell’eolico offshore del Paese scandinavo, che conta ben 375 membri. Il programma biennale offre attività di incubazione e iniziative di accelerazione incentrate su temi urgenti del settore. Promette una piattaforma completa per i partecipanti con l’obiettivo di sviluppare le varie soluzioni, supportata da tutoraggio di livello mondiale, formazione, opportunità di networking ed esposizione ai mercati globali.
Italia, il nodo dei procedimenti autorizzativi e le principali sfide.
Qual è la situazione in Italia? Uno dei motivi per cui questi Paesi ottengono buoni risultati sono leggi stabili e obiettivi chiari per l’energia eolica offshore. L’Italia sarebbe in difficoltà perché i processi di autorizzazione conferiscono “alle autorità poteri di veto e ciò porta spesso a progetti annullati e un ambiente incerto per gli sviluppatori”, ha recentemente spiegato a Euronews Christoph Zipf, portavoce di WindEurope.
Gli insufficienti dispositivi di sostegno alle energie rinnovabili, la regolamentazione statale che limita lo sviluppo dell’eolico e le procedure di autorizzazione eccessivamente ostacolanti sono state finora le principali barriere allo sviluppo del settore, a livello europeo e nazionale. Anche le sfide della catena di approvvigionamento sono elementi d’impatto, poiché il settore dell’eolico offshore si sta confrontando pure con gli elevati prezzi delle materie prime e le limitazioni in termini di capacità. Un input all’innovazione può arrivare dal settore industriale, stimolando lo sviluppo di una filiera nazionale.
Tra chi sta spingendo forte in Italia il vento del cambiamento c’è il player internazionale Renexia, società del Gruppo Toto attiva nelle rinnovabili che ha il merito di aver realizzato in Italia, e per la precisione nelle acque del porto di Taranto il primo parco eolico offshore del Mediterraneo. “Sono trascorsi ben 14 anni prima di avere il via libero, ma una volta avviati i lavori in 10 mesi li abbiamo conclusi” dice Riccardo Toto, Direttore Generale di Renexia. “Non lo dico per polemica perché è oggettivo che questa è stata una prima volta per tutti e ho quasi sempre riscontrato la volontà di procedere il più rapidamente possibile – aggiunge Toto – ma con l’esperienza maturata in questo caso, come quella maturata all’estero, posso affermare che gli operatori del settore possono fare qualcosa per consentire tempi più veloci”.
Il DG di Renexia racconta la sua positiva esperienza: “Abbiamo adottato un modello inclusivo secondo cui il primo passo è il confronto con le associazioni ambientaliste, amministrazioni e associazioni del territorio. Le indicazioni che riceviamo ci permettono di aggiornare e migliorare il progetto a cui stiamo lavorando. Queste minuziose fasi preliminari, che richiedono un investimento economico, di tempo e di risorse umane rilevante, a mio avviso, possano favorire il lavoro della Commissione di VIA”.
Ma allargando l’inquadratura c’è anche dell’altro. La capacità dell’industria di progettare e realizzare parchi eolici offshore può sviluppare un intero settore, tanto è vero che proprio Renexia sta lavorando al progetto di un parco eolico galleggiante, posizionato nel Canale di Sicilia al confine delle acque territoriali italiane e in grado di produrre oltre 9 TWh di energia pulita, in pratica è il fabbisogno di tutte le utenze domestiche della Sicilia. “Ci sono grandi potenzialità dal punto di vista economico, oltre che ambientale. È un’ottima occasione per la crescita del Paese. Al largo delle nostre coste, infatti, si possono installare almeno 20 GW. Un giro di affari che, in termini di investimento, equivale complessivamente a 30 miliardi di euro”, conclude Riccardo Toto.
È ovvio che, per non perdere questa che potrebbe essere l’ultima chiamata, il legislatore dovrebbe creare un quadro normativo favorevole, operando la necessaria sinergia tra politica energetica e politica industriale. Ciò può essere ottenuto, ad esempio, mediante aste per le tariffe di potenza adeguata e che tengano conto dei maggiori costi connessi allo sviluppo di tecnologie innovative, nonché con l’introduzione di meccanismi di indicizzazione già sperimentati con successo all’estero.
Immagine di copertina: foto di Nicholas Doherty su Unsplash