Energie Rinnovabili

Elezioni europee: l’appello dell’industria eolica per accelerare lo sviluppo del settore e per una transizione energetica giusta, socialmente responsabile e sostenibile

Come centrare i target europei? Il commento del player Renexia e il punto sull’Italia: L’eolico offshore floating ha bisogno del supporto normativo e di una politica industriale per poter veramente decollare in Italia ed incrementare la produzione di energia pulita

L’eolico offshore ha il grande potenziale di aumentare, con una crescita sostenibile, la capacità rinnovabile dei Paesi europei oltre che a livello globale. Semplificare le autorizzazioni e adattare o modulare la progettazione delle aste porterebbe, anche per l’Italia, a un aumento delle sottoscrizioni e quindi a una più rapida diffusione di impianti su larga scala, così come maggiori investimenti nelle reti di trasmissione e distribuzione. Con il miglioramento e l’espansione della tecnologia offshore, in particolare quella galleggiante, meno impattante a livello ambientale, i costi sono oggi più concorrenziali e i fattori di capacità aumentati.

Anche se lo scorso anno in Europa è stato installato un numero record di parchi eolici offshore, la strada per raggiungere i target in materia di decarbonizzazione è però ancora molto lunga. In vista delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo (8-9 giugno), WindEurope, la federazione che rappresenta l’industria europea dell’energia eolica, ha lanciato un appello per accelerare lo sviluppo del settore, costituito da cinque punti:

  1. Investire massicciamente nelle reti elettriche con una migliore pianificazione top-down e maggiori finanziamenti privati spinti dalla Banca Europea per gli Investimenti.
  2. Accelerare le autorizzazioni per le energie rinnovabili, le reti e l’industria: scadenze più strette, uno sportello unico, preminente interesse pubblico e gestione dei processi tramite strumenti digitali. 
  3. Sostenere l’elettrificazione dell’industria pesante coinvolta nella produzione delle turbine eoliche. Occorre supportarla nel processo di decarbonizzazione con aiuti statali flessibili e un piano d’azione per l’elettrificazione che miri a raggiungere il 35% di elettricità nel mix energetico entro il 2030 (rispetto al 23% di oggi). 
  4. Garantire condizioni di parità per la produzione europea di tecnologie pulite: a tale scopo, si dovrebbero utilizzare tutti gli strumenti esistenti per garantire una concorrenza leale nel mercato delle turbine eoliche, stabilire standard minimi chiari in materia di sicurezza informatica e dei dati, promuovere una condotta aziendale responsabile e la resilienza della catena di approvvigionamento.
  5. Focus su innovazione e scale-up: troppe nuove tecnologie faticano ad essere implementate. Occorre aiutarle ad industrializzarsi ed espandersi semplificando e accelerando radicalmente i processi di finanziamento dell’UE.

Fermento e proposte ambiziose che trovano una sponda anche nella Carta europea dell’energia eolica recentemente approvata a Bruxelles per spingere lo sviluppo dell’industria di settore anche se è necessario essere consapevoli che i target sono ancora molto lontani. Il raggiungimento dell’obiettivo concordato dall’UE di almeno il 42,5% di energia rinnovabile entro il 2030, con l’ambizione di raggiungere il 45%, richiederà un massiccio aumento della capacità eolica offshore installata.

Quale futuro per l’Italia? Il commento del player Renexia

Nonostante il 2023 da record, anche il Global Wind Report 2024 sottolinea che il tasso di crescita dell’eolico offshore resta tuttavia molto al di sotto degli obiettivi e, in secondo luogo, il settore è messo a dura prova dalla difficile situazione macroeconomica: inflazione, aumento del costo delle materie prime e del capitale e fragilità nella catena di approvvigionamento influiscono sulla capacità di crescita in molti Paesi. 

Secondo Renexia, una possibile soluzione risiede in una serie di modifiche, da tempo auspicate, alla bozza di decreto FER2 in fase di approvazione al MASE, al fine di sostenere i progetti eolici offshore flottanti effettivamente realizzabili.

Un grosso collo di bottiglia per il comparto dell’eolico offshore floating è infatti rappresentato dalla mancanza di garanzie circa i tempi autorizzativi dei progetti, con l’Autorizzazione Unica che spesso rappresenta una chimera. L’attuale testo del DM FER2 prevede che per accedere all’asta per le tariffe sia sufficiente l’esito positivo della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Ma, secondo i dati in ambito onshore, negli ultimi anni solo un terzo dei progetti con VIA favorevole hanno ottenuto l’AU, mentre nel settore offshore siamo addirittura a quota zero.

Subordinare l’accesso alle gare per l’eolico offshore al conseguimento dell’AU (come già previsto per i progetti eolici onshore) non costituirebbe affatto un appesantimento dell’iter, quindi, ma introdurrebbe un meccanismo virtuoso nel processo, in quanto obbligherebbe gli sviluppatori ad analizzare e trovare una soluzione a tutte le possibili criticità del progetto già in fase di sviluppo, garantendone l’effettiva realizzabilità. Con il duplice vantaggio di non bloccare contingenti in asta per progetti che non potranno mai essere realizzati, a discapito di quelli validi, e snellendo l’enorme lavoro in capo alla Commissione VIA-VAS.

Altro fattore critico è rappresentato dalla assenza in Italia di una filiera industriale specializzata e di evidenti strozzature nella filiera europea. Nessuno dei produttori europei o americani di turbine, ad esempio, ha macchine di taglia superiore ai 15 MW e per applicazioni floating neanche queste saranno disponibili prima del 2028, forse oltre. La ragione è legata ai significativi investimenti necessari ai nuovi sviluppi e alla difficoltà di ammortizzare tali investimenti in un mercato in rapido cambiamento, difficoltà che in altre aree geografiche sono state superate, garantendo il raggiungimento di altissimi livelli qualitativi a costi assai competitivi. Ma indipendentemente dal costo e dalla tecnologia, l’Italia non potrà fare a meno di importare turbine extra-UE fino almeno al 2028-2029.

Immaginare di introdurre ora, come in sede europea si sta valutando, barriere all’importazione di tali generatori, mascherando intenti protezionistici dietro la più nobile facciata degli obiettivi ESG, significherebbe ritardare di almeno 5 anni il programma di utilizzo dell’eolico come vettore fondamentale della transizione energetica. Ciò che serve, invece, è l’inaugurazione di una politica industriale capace di sviluppare una nostra filiera industriale innovativa, senza interrompere i progetti in corso al solo scopo di proteggere gli interessi di pochi produttori europei, nessuno dei quali italiano.

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button