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Sviluppo dell’eolico offshore: il ruolo strategico dei porti

L’eolico offshore è vitale per la transizione energetica. Tuttavia, lo sviluppo di parchi a mare richiede adeguate infrastrutture multimodali e i porti, nel processo di riconversione energetica, svolgono il ruolo cruciale di hub logistici

I componenti dei parchi eolici offshore (turbine, pale e altre apparecchiature) sono generalmente troppo grandi per essere trasportati su strada o su rotaia, per tale motivo richiedono il trasporto via mare. I porti rappresentano punti di accesso ai siti offshore e snodi di logistica privilegiati, essenziali anche per la messa in servizio e la manutenzione delle turbine eoliche e forniscono inoltre strutture per lo stoccaggio dei singoli componenti, ne consentono l’assemblaggio in loco. Una volta assemblate, le turbine vengono trasportate via mare per l’installazione.

Inoltre forniscono una base sicura e stabile per le navi che trasportano gli equipaggi e le attrezzature di carpenteria. La loro presenza in prossimità di parchi eolici offshore, non solo gioca un ruolo a favore, ma garantisce interventi di manutenzione e riparazione in tempi rapidi e con elevata efficienza, riducendo al minimo le inattività e massimizzando la produzione di energia rinnovabile.

Aumentare la quota di eolico offshore, per il raggiungimento degli obiettivi climatici, implica pertanto un urgente e adeguata revisione ed implementazione delle infrastrutture portuali.

Eolico offshore: l’importanza di riconoscere il ruolo strategico dei porti.

Riconoscere il ruolo strategico dei porti nello sviluppo dell’eolico offshore flottante è cruciale per la crescita del settore:richiede investimenti significativi e la disponibilità di porti è un fattore critico che gli investitori devono considerare. La mancanza di scali marittimi nelle immediate vicinanze degli impianti può aumentare significativamente i costi di trasporto e logistica, rendendo i progetti economicamente insostenibili.

Ma non è il solo presupposto. Riconoscere il ruolo strategico dei porti può attrarre investimenti nelle stesse infrastrutture portuali, migliorandone ulteriormente le capacità e consentendo la progettazione di parchi eolici offshore di più grandi dimensioni. Ciò, a sua volta, può portare alla creazione di nuovi posti di lavoro e alla crescita economica nelle regioni in cui si trovano gli scali marittimi.

Un recente rapporto pubblicato dalla Floating Wind Offshore Wind Taskforce suggerisce che il governo del Regno Unito dovrebbe trasformare 11 porti in nuovi hub industriali, se si vorrà incrementare l’eolico offshore galleggiante. Lo studio afferma che se il governo UK intraprenderà un’azione rapida, ciò condurrà il Paese a installare 34 GW entro il 2040. Attualmente, il Regno Unito ha fissato un obiettivo di 5 GW entro il 2030. Il rapporto raccomanda un investimento di 4 miliardi di sterline (oltre 4,5 miliardi di euro) per trasformare i porti in hub efficienti a supportare la transizione energetica basata sulla tecnologia eolica offshore.

Con la sua Normativa sul clima, l’UE si è posta l’obiettivo di ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra (GHG) di almeno il 55% entro il 2030 e mira alla neutralità climatica entro il 2050. Delle emissioni di CO2 del settore marittimo, una quota tra 6-7% è generata dall’ormeggio nei porti dello Spazio economico europeo. Ciò richiede una forte attenzione all’ecologizzazione del trasporto marittimo, rendendo i servizi portuali sostenibili e l’infrastruttura per i combustibili alternativi disponibili. Parallelamente, i principali porti marittimi e interni della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) devono adattarsi al ruolo di nodi multimodali strategici e hub di energia pulita.

Mentre la realizzazione del Green Deal europeo rimane in cima all’agenda politica dell’UE, la crisi geopolitica in Ucraina potrebbe rallentare i negoziati legislativi, gli sviluppi e gli investimenti previsti. Gli imperativi della sicurezza energetica potrebbero infatti ridefinire i requisiti legati all’approvvigionamento energetico, compresa l’accettazione del bio GNL come combustibile di transizione disponibile a livello globale. La chiusura dei porti in Ucraina ha già interrotto le catene di approvvigionamento europee e potrebbe esasperare ulteriormente la congestione dei terminal, già innescata dalla pandemia, mettendo a rischio anche la sicurezza marittima.

Green Deal: investire nelle infrastrutture portuali per sostenere l’eolico offshore.

Nell’ambito del Green Deal, l’UE pone l’eolico offshore al centro della transizione energetica. Raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 richiederà di incrementare di ben 19 volte l’attuale capacità eolica offshore: solo nei prossimi 7 anni, il volume deve aumentare da 16 GW a ben 115 GW.

Ciò comporta specifiche esigenze di trasporto, infrastrutture e connettività, che richiedono enormi investimenti nelle infrastrutture portuali.L’associazione europea non governativa WindEurope stima che, solo fino al 2030, l’Europa dovrà investire 8,5 miliardi di euro nelle infrastrutture portuali. Ciò richiederà un sostegno a livello europeo per supportare Paesi e regioni marittime a coordinarsi e generare gli investimenti necessari.

Liberare il potenziale dei porti, nell’ottica di una loro riconversione in hub energetici, richiede dunque uno sforzo concertato a più livelli. I responsabili politici dovrebbero razionalizzare il processo normativo, fornire incentivi per lo sviluppo di progetti rinnovabili nei porti e la loro integrazione nei progetti dell’eolico offshore. Ciò include finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, nonché agevolazioni fiscali o altri strumenti finanziari per le aziende che investono in energia rinnovabile.

La graduale eliminazione dei motori a combustione interna da parte dell’UE, entro il 2035, e la proposta di estendere il proprio sistema di scambio per le quote di emissione ai settori marittimo e aereo, lasciano presagire sviluppi positivi in ​​questa direzione. Gli incentivi sono fondamentali per guidare gli investimenti privati che si adattino alle specificità e alle esigenze di ciascun porto. L’abilitazione di approcci integrati richiede ulteriori ricerche, inclusi gruppi di esperti e studi di fattibilità, per esplorare la pluralità di opzioni tecnologiche e progettare la strategia di decarbonizzazione a lungo termine più efficiente, sia livello europeo sia italiano.

Per Renexia, che ha già inaugurato Beleolico a Taranto, il primo parco eolico marino del Mediterraneo, e che si prepara a realizzare MedWind nel canale di Sicilia (composto da 190 turbine galleggianti per una potenza installata di 2,8 GW e una produzione annua stimata di 9 TWh, unico nel suo genere) i porti rappresentano le infrastrutture fondamentali per la realizzazione degli impianti a mare. Proprio il porto di Taranto è stato per Renexia come una seconda casa nei mesi necessari per realizzare l’impianto. Un sito ben organizzato e attrezzato ha permesso a Renexia di raggiungere il traguardo di Beleolico. Anche gli stessi porti possono beneficiare dell’energia green prodotta dalle turbine eoliche. In primavera, infatti, Renexia ha cominciato a fornire al porto del capoluogo Jonico una parte dell’energia prodotta da Beleolico per consentirne l’elettrificazione, come previsto dall’accordo siglato lo scorso anno con l’Autorità Portuale. Circa il 10% dell’energia prodotta, per un quantitativo comunque non inferiore a 220 MWh annui consentirà di ridurre in maniera significativa l’inquinamento connesso alle attività portuali. È un passo ulteriore sul percorso intrapreso dalla città di Taranto verso un nuovo modello di transizione energetica ed ecologica.

Foto di Rattakarn da Pixabay 

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