L’uomo non rivelò alla compagna di essere affetto da artrite reumatoide per paura che lei non lo avrebbe sposato. Ma una volta venuta a conoscenza della verità, la donna ha chiesto la separazione e l’annullamento del matrimonio religioso.
Dopo un breve periodo di conoscenza una coppia di giovani veneziani ha deciso di sposarsi, in comune e successivamente anche in chiesa. Ma a poche settimane dalla classica promessa di “essere fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia“, la sposa ha appreso che il consorte è affetto da artrite reumatoide, una malattia cronica autoimmune che produce gravi stati infiammatori alle articolazioni. Un ‘dettaglio’ non proprio di poco conto, che il marito le aveva deciso di occultare, per paura di essere lasciato.
Quando la donna lo ha scoperto si è sentita tradita, e ha deciso di separarsi, invocando anche l’annullamento del rito matrimoniale religioso, celebrato nel 2019 a Vigonovo, in provincia di Venezia, ma facente parte della Diocesi di Padova. Una richiesta che il Vescovo, monsignor Claudio Cipolla, ha deciso di accogliere, acconsentendo all’annullamento sulla base del nuovo istituto del “processo breve”, introdotto a partire dal 2015 da Papa Francesco per velocizzare le cause di nullità di matrimonio, in certi casi, senza dover attendere i tempi, ben più lunghi, della Sacra Rota.
Nella ‘sentenza’ emessa da monsignor Cipolla per disporre l’annullamento del matrimonio religioso è riportato che è stato accertato che la futura sposa non fosse stata informata della patologia del futuro marito, il quale avrebbe deciso di non informarla per paura di essere lasciato. La verità sarebbe venuta a galla perché poco dopo la celebrazione delle nozze, l’uomo fu costretto ad interrompere l’assunzione dei medicinali che assumeva per alleviare i sintomi della malattia, ed il suo fisico ebbe un crollo. Solo a quel punto l’uomo avrebbe deciso di confessare il suo ‘segreto’.
La donna, che sostiene che fino a quel momento aveva sempre pensato che sarebbe rimasta a fianco del consorte davanti a qualsiasi problema, si sarebbe sentita tradita, e ha ritenuto inaccettabile questo comportamento finalizzato a convincerla a sposarsi.
Il Vescovo ha accolto la richiesta di annullamento presentata dalla donna in quanto sarebbe stata “ingannata” in modo volontario, con lo scopo di arrivare a contrarre matrimonio. L’avv. Carlotta Costa, patrono stabile del Tribunale ecclesiastico del Triveneto, ha spiegato che a comportare la nullità del matrimonio non è la patologia, in quanto la solidarietà nei confronti del consorte è un dovere dei coniugi. A rendere ammissibile l’annullamento è il fatto che il consenso al matrimonio deve essere un atto libero, e per esserlo è necessaria una piena consapevolezza che, evidentemente, in questo caso non c’è stata.