Ambiente

Mose, un “buco nero” senza fine: cosa è emerso

La cifra spesa per l’opera ha già superato i 7,2 miliardi di euro, le casse del Consorzio sono vuote, i cantieri sono fermi e c’è da fare i conti con i debiti.

Fino ad oggi gli italiani hanno sborsato per il Mose la somma di 7 miliardi e 268 milioni di euro, ben oltre i 5 miliardi 493 milioni di euro a cui si era fermato il precedente conteggio, risalente ormai ad alcuni anni fa. E’ quanto emerge dai documenti presentati dal commissario liquidatore, dott. Massimo Miani, presso il Tribunale, contestualmente alla richiesta di nulla osta per il piano di ristrutturazione del debito. Dal documento emerge anche che il Consorzio Venezia Nuova è rimasto senza soldi, e deve fare fronte a diversi debiti per un totale di oltre 200 milioni. La situazione è tale che, per la prima volta, viene paventato il rischio che il Consorzio possa dichiarare fallimento. In attesa il palazzo di giustizia di Venezia sbrogli la complicata matassa, si sono fermati i cantieri, e la data di fine lavori è slittata a fine dicembre.

Per permettere la ripresa dei lavori il ministero delle Infrastrutture ha annunciato lo sblocco di 538 milioni di euro già disponibili, stanziati in passato e non ancora spesi. Soldi che dovrebbero essere destinati al completamento dell’opera e alla sua messa in funzione, nonché alle manutenzioni e ad alcuni interventi paesaggistici e ambientali. Questi soldi non potranno essere usati per ripianare i debiti, in quanto farlo violerebbe le normative comunitarie in materia di aiuti di stato. Per quanto riguarda la ristrutturazione del debito il commissario liquidatore ha avanzato ai creditori la proposta di corrispondere loro solo il 30% dell’importo dovuto, ma è un terreno che appare estremamente scivoloso, in quanto le piccole-medie imprese consorziate – che reclamano il pagamento di un totale di 21 milioni di euro, pari a circa il 10% del debito totale – hanno fatto sapere che se non ricevono i pagamenti dovuti saranno destinate al fallimento. Si tratta di una sessantina di aziende che danno lavoro a circa 1.500 persone. Aziende e lavoratori che rischiano di trovarsi a scontare debiti che non hanno generato.

Ancora una volta il Mose si conferma una brutta gatta da pelare. E anche se l’opera dovesse essere ultimata a dicembre come ci auguriamo, i problemi non sembrano essere destinati a finire. Recentemente è emerso che l’erosione sta danneggiando gravemente alcune parti dell’opera, senza peraltro che siano stati disposti interventi per arginare il problema. Potrebbero dunque rendersi necessari nuovi interventi di manutenzione con costi ben oltre i cento milioni di euro annui stimati, e che rappresenterebbero già una cifra considerevole.

“Ancora notizie negative sul Mose. Impareremo da quello scandalo?” scrive l’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sulla sua pagina Facebook, che prosegue: “le nuove opere pubbliche siano davvero utili e con procedure di assoluta trasparenza“. Pecoraro Scanio sin dall’inizio si era opposto all’opera, nella duplice veste di leader dei Verdi e di ministro. Ma non fu ascoltato, e anzi fu attaccato dai numerosi – all’epoca – sostenitori dell’opera. “Allora fui isolato e criticato per aver contestato quel Mose. Mi spiace aver avuto ragione!” conclude.

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