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Desertificazione, Italia a rischio con tre regioni “rosse”

Alla Conferenza Internazionale sulle Terre Aride, i Deserti e la Desertificazione, promossa nel 2020 dall’Università Ben Gurion in Israele, si è affermato che, nel mondo, a causa di siccità e desertificazione, ogni ora si consumano 1300 ettari di terra coltivabile. Secondo l’Atlante Mondiale sulla Desertificazione, oltre il 75% della superficie terrestre è già degradata e questa percentuale potrebbe raggiungere il 90% nel 2050. Anche l’Italia non è esente dal fenomeno: nella nostra Penisola, infatti, a rischio è il 10% della superficie totale.

L’impatto della desertificazione, in Italia, è molto alto e le maggiori preoccupazioni sono per Sicilia (42,9% della superficie regionale), Molise e Basilicata (24,4%). In termini percentuali, i dati del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) quantificano nel 10% la porzione di territorio considerato molto vulnerabile a numerosi fattori di degrado: erosione, salinizzazione, contaminazione, diminuzione di sostanza organica, consumo di suolo. Ad essi si aggiunge un altro 49% considerato di media vulnerabilità. Il tutto è aggravato dall’aumento qualitativo e qualitativo dei fenomeni siccitosi.

Le cause. I cambiamenti climatici hanno modificato le precipitazioni, aumentato la temperatura e gli episodi di siccità, con conseguente disponibilità insufficiente di acqua per il suolo, per la vegetazione e per le attività produttive (agricoltura in primis). C’è poi una gestione poco attenta delle risorse naturali, dell’acqua, del suolo e della vegetazione.

Il degrado su scala globale viene calcolato attraverso dati satellitari che fotografano la copertura vegetale e la produttività del suolo. Tra il 1998 e il 2013, una percentuale pari al 20-30% della superficie terrestre ha mostrato andamenti declinanti nella produttività. Grazie all’osservazione satellitare del programma europeo Copernicus è stato stimato che il 12% delle terre coltivate a vegetazione mostra un calo della produttività e che il 21% è a rischio.

La Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (UNCCD) punta alla Neutralità del Degrado del Suolo (Land Degradation Neutrality – LDN), così come è stata definita dalle Parti della Convenzione: “Uno stato in cui la quantità e la qualità delle risorse del territorio, necessarie per supportare le funzioni e i servizi ecosistemici e migliorare la sicurezza alimentare, rimane stabile o aumenta entro specifiche scale temporali e spaziali e ecosistemi”.

Ad oggi, oltre 120 paesi si sono impegnati con il programma di definizione degli obiettivi LDN e sono stati compiuti notevoli progressi dall’adozione dell’Agenda 2030 nel 2015. L’obiettivo 15.3 di sviluppo sostenibile (SDG) promuove: “Entro il 2030, combattere la desertificazione, ripristinare la terra e il suolo degradati, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e lottare per raggiungere un mondo neutrale rispetto al degrado del suolo”. LDN rappresenta un cambiamento di paradigma nelle politiche e nelle pratiche di gestione del territorio. Si tratta di un approccio unico che controbilancia la prevista perdita di terreno produttivo con il recupero di aree degradate. Colloca strategicamente le misure per la conservazione, la gestione sostenibile e il ripristino del territorio nel contesto della pianificazione territoriale. Poiché la terra è fissata in quantità, c’è una competizione sempre crescente per controllare le risorse della terra e capitalizzare i flussi di beni e servizi: ciò ha il potenziale di causare instabilità sociale e politica, alimentando povertà, conflitti e migrazioni.

Per questo motivo, l’implementazione degli obiettivi di Neutralità del Degrado del Suolo richiede un coinvolgimento e una pianificazione multi-stakeholder su scale e settori, supportati da un coordinamento su scala nazionale che utilizza le strutture di governance locali e regionali esistenti.

In particolare, nell’ambito del programma LDN, il meccanismo globale dell’UNCCD supporta i paesi nello sviluppo di progetti e programmi di trasformazione LDN che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi LDN volontari, offrono molteplici vantaggi, migliorano le capacità nazionali e sfruttano finanziamenti innovativi attingendo a molteplici fonti di finanza, sia pubblica che privata, per una trasformazione positiva:

  • Garantire la trasformazione e l’innovazione traducendo in pratica il quadro concettuale scientifico LDN, compresa la gerarchia di risposta LDN (evitare, ridurre e invertire il degrado del suolo) e il principio di controbilanciamento (le perdite sono bilanciate dai guadagni in capitale naturale basato sulla terra).
  • Promuovere una governance responsabile e inclusiva, compresa l’uguaglianza di genere, l’inclusione, la responsabilità e la trasparenza.
  • Garantire la sostenibilità, compreso un ambiente politico favorevole, offrendo molteplici benefici ambientali, economici e sociali e migliorando la proprietà e la capacità (sub)nazionali.
  • Sfruttare la finanza innovativa, in particolare dal settore privato.

Fonti della notizia:
Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente
UNCCD

Immagine di copertina: Natura foto creata da wirestock – it.freepik.com

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