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Il valore dell’acqua

di Maurizio Montalto

L’origine dell’acqua sulla terra è un mistero. Secondo alcuni scienziati è giunta sul pianeta con le comete,in base a studi più recenti alcuni asteroidi in orbita intorno al Sole l’avrebbero trasportata nella fase di formazione del nostro pianeta. In ogni caso la presenza dell’acqua risalirebbe a 4.4 miliardi di anni fa.Da allora il ciclo idrico è costante, non ha soluzione di continuità: l’acqua evapora, si condensa, precipita e scorre. Poi ancora. Col graduale raffreddamento del pianeta, circa 3,9 miliardi di anni fa, avrebbe avuto origine la vita.

La terra nata dopo il big bang era di materiale fuso incandescente; le temperature successivamente sono mutate e hanno raggiunto un grado di raffreddamento compatibile con la vita; sono comparsi prima gli esseri più semplici, poi man mano i più complessi fino ad arrivare a noi. Circa 5-6- milioni di anni fa videro la luce sulla terra i primi ominidi, ma solo negli ultimi 200.000 anni è comparso l’essere umano così come lo conosciamo oggi.

L’evoluzione è strettamente connessa ai cambiamenti climatici, alle capacità di adattamento e alla gestione delle risorse idriche. Sappiamo con certezza che dalla disponibilità e dalla qualità dell’acqua dipende la sopravvivenza nostra e dell’intero ecosistema.

Nell’ultima fase storica l’uomo ha acquisito una grande capacità d’incidere su vasta scala sul pianeta, tale da far ipotizzare che possa condizionare l’evoluzione climatica e la disponibilità d’acqua per la vita. 

Eppure nelle sue scelte l’umanità sembra non avere consapevolezza di questo potere. L’acqua non fa in tempo a tornare alla terra che diviene oggetto di speculazione, viene inquinata, rovinata e sciupata, accaparrata e sottratta. È oggetto di decisioni incompatibili con la logica più elementare. E i primi a subirne pregiudizio siamo proprio noi. Sul piano globale le tecnologie per la gestione delle risorse idriche sono spesso realizzate sacrificando l’ambiente; opere create per imporsi in maniera prepotente sugli ecosistemi.A livello globale nel settore idrico s’investe solo l’1% su soluzioni compatibilicon la natura (cfr. Rapporto WWAP/ONU 2018).

Eppure le tecnologie grigie, quelle realizzate con il cemento, spesso provocano tragedie. Nel 2018 l’acqua della diga Tiga in Nigeria ha travolto 300 comunità per errori nella gestione e, in Turchia,la diga Tiche ha superato il livello massimo provocando inondazioni; in Kenya la diga nei pressi diNairobi ha ceduto mietendo numerose vittime. Le dighe raccolgo l’acqua a monte e la sottraggono alle popolazioni a valle. Soluzioni che divengono causa di conflitti o tensioni; se ne contano oltre 300 sul pianetaa causa dell’acqua. L’Asia ha il più alto numero di dighe progettate o in costruzione su bacini transfrontalieri (807), seguita da Sud America (354), Europa (148), Africa (99) e Nord America (8). Ma è l’Africa a essere soggetta al più elevato livello di tensione idro-politica, con più fattori esacerbanti. Il bacino del Nilo, per esempio, è una delle aree del mondo più esposte a controversie.

Le scelte d’investimento sono tendenzialmente più condizionate dai vantaggi economici e finanziari che l’élite ne possono trarre, che orientate al bene della comunità. Le popolazioni  sono stressate dall’aumento dei costi, che lievitano, per dare copertura ai maggiori profitti delle Corporation, senza riceverne i benefici auspicati. A contribuire alla tensione sociali è ancheil carico antropico in aumento nei centri urbani, sempre più dipendenti da fonti d’acqua, destinate una popolazione in crescita.Ma le periferie delle città spesso sono volontariamente trascurate. Le risorse economiche disponibiliper offrire servizi di qualità a tutti, nonostante siano drenate dall’intero territorio di competenza del gestore, si concentrano nel centro urbano, dove vivono i decisori e in generale le classi più agiate, che beneficiano degli esborsi dei più poveri per garantire a sé stessi una migliore qualità di vita (cfr. Rapporto WWAP/ONU 2019).

Ma vi è di più! Sul pianeta è in atto un vero e proprio attacco alle fonti d’acqua, una corsa all’accaparramento. Colossi finanziari, multinazionali, occupano a fini speculativi vaste aree assumendo il controllo del rubinetto principalie ridimensionando sempre più il ruolo della politica, che perde la capacità d’incidere e si limita ad assecondare i processi. Una questione di sicurezza che pone interrogativi anche nel Belpaese. Radicare una gestione pubblica (da parte di Enti pubblici) delle fonti d’acqua è una garanzia alla quale lo Stato,a tutela della popolazione, non può rinunciare se non abdicando ai suoi compiti. A maggior ragione se si considera che l’acqua è spesso strumento di strategie militari;la privatizzazione, seppur affidata a SpA a capitale pubblico, espone a un processo graduale di penetrazione e alla vulnerabilità tipica degli strumenti giuridici di diritto privato.

Affidare l’acqua agli operatori economici e finanziari equivale a mettere nelle loro mani la vita delle popolazioni, ponendola in competizione con gli ulterioriinteressi degli speculatori, che dispongono della preziosa risorsa orientandola al massimo profitto.

Con ciò, non è possibile sostenere che la politica pubblica è immune da errori. In taluni casi, norme e burocrazie escludono dall’accesso all’acqua le minoranze, le comunità più deboli. Ci commuoviamo dinanzi alle immagini degli Slum del Kenyaperché siamo portati a immaginare che tali situazioni si verifichino solo in paesi lontani dall’Europa o dall’Italia; invece è proprio da noi che intere famiglie sono sempre più spinte verso il degrado. Ci si appella a regole astrattamente idonee a fare giustizia, ma neghiamo il diritto umano all’acqua. Cosicché a fronte di enormi concentrazioni di patrimonio nei forzieri di pochi, perseguitiamo per povertà le comunità Rom, che s’insediano nei campisui quali realizzano le precarie baracche nelle quali vivono, negandogli l’accesso all’acqua e all’igiene per il sol fatto che le loro casa non sono formalmente in regola.

I temi da approfondire per comprendere quale debba essere il miglior approccio all’acqua sono innumerevoli:le tecniche di estrazione di idrocarburi, l’uso industriale inquinante, le dispersioni, la gestione dei rifiuti, la finanziarizzazione, il modello di produzione alimentare, la produzione energetica, le necessità di ogni singolo essere umano,le guerre, le tecnologie, la sicurezza, la gestione delle emergenze, la qualità dell’acqua,i pesticidi e la rigenerabilità delle falde, il modello di gestione, l’adattamento ai cambiamenti climatici e tanti altri.

Queste analisisaranno tutte errate se fondate su una visione antropocentrica dell’ambiente. Ma è l’approccio più comune: quello sul quale si basano i principi ambientali e le norme che ne derivano. La difficoltà umana a riconosce valore a ogni elemento della natura, che sia flora, fauna o materia, ci impone una lettura della realtà alterata e pregiudizievole anche per l’uomo, che non comprende bene quale debba essere il proprio posto sul pianeta.

Le nostre decisioni, fondate su una visione antropocentrica, portano in sé quindi il germe dell’errore e dello squilibrio che cresce ed è dannoso quanto più sono importanti le scelte che siamo chiamati a fare. La stessa idea di sviluppo sostenibile si fonda su un approccio economicistico e funzionale alle necessità dell’uomo.

Ma fallisce proprio perché centrato unicamente sul genere umano, che ignorae non dà valore a ogni elemento dell’ecosistema, non ne riconosce un indipendente diritto all’esistenza, poiché lo considera oggetto di sfruttamento e di predazione personale. Quest’idea ha portato l’uomo a riconoscere persino nei propri simili degli oggetti da predare e da sfruttare. Un paradosso dal quale è possibile uscire fondando la lettura della realtà e le nostre scelte su una visione ecocentrica, nella quale l’uomo fa un passo in dietro per riconoscere ugual valore all’acqua ea ogni altro elemento della natura.

Un cambiamento radicale di prospettiva che porti l’umanità a vivere una nuova era nella quale vi sia il riconoscimento di uguali diritti e una relazione collaborativa e non competitiva con ogni elemento della natura e prima ancora con i nostri simili. In questa nuova visione, trova legittimazione e viene riconosciuto all’acqua il suo diritto all’esistenza e a ogni uomo e a ogni essere della natura il diritto a farne uso in un rapporto d’equilibrio e reciprocità.

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