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Carobollette

Dopo anni di pandemia che hanno “paralizzato” il mondo, siamo pronti a nuove limitazioni dovute a razionamento del gas, piani di risparmio energetico e caro bollette? Direi proprio di no! Eppure i leader europei; da Macron che dichiara finita l’era dell’abbondanza, a Boris Johnson che scarica sul prossimo premier britannico il problema delle bollette “da far piangere”; stanno lanciando allarmi molto preoccupanti. L’unico grande e popoloso Paese europeo che sembra non essere particolarmente preoccupato è la Germania di Sholtz che, va ricordato, dipende dal gas russo da decenni e per svariati motivi, alcuni anche poco dignitosi per la vecchia classe politica tedesca, nonostante non ne abbia sostanzialmente bisogno in considerazione dei loro importanti giacimenti di gas naturale.

In Italia, dove parte dell’energia elettrica è prodotta dalla combustione del gas metano, questo spettro internazionale, in piena campagna elettorale, ha scatenato il “festival delle dichiarazioni” da parte dei leader politici. Quella più frequente trova nello scostamento di bilancio (leggasi extra deficit) la soluzione al problema del caro-bollette e basterebbe già questo per capire quanto rovinose siano le condizioni della classe politica nazionale che dovrà guidare il Paese in questa ennesima tempesta. Poi c’è chi propone l’abbattimento di iva e accise, chi dice di fissare un tetto al prezzo del gas (rischiando la minacciata chiusura dei rubinetti dalla Russia)e svincolarlo dai meccanismi speculativi della borsa di futures olandese TTF (che con le forti oscillazioni favorisce, neanche a dirlo, Mr. Putin).

Una crisi energetica dovuta al “ricatto” russo, in risposta alle più o meno pesanti sanzioni internazionali, scaturite a loro volta dall’invasione russa in Ucraina. Un cane che si morde la coda nel grande salone da valzer dei Paesi dell’Unione Europea sul quale interessi diversi danzano con posizioni ambigue e la speculazione va a braccetto con l’egoismo degli stati nazionali. Nessuna risposta concreta, almeno finora, e intanto l’autunno è alle porte!

È ben chiaro che non esiste una soluzione magica a questa complessa situazione e, con un certo rammarico, sconforta l’atteggiamento poco trasparente e disomogeneo di alcuni Paesi dell’UE. Sta di fatto che occorre intervenire subito per evitare che questa crisi energetica diventi la tomba della nostra economia.

Sicuramente; considerati i tempi, i rischi e il parere dei cittadini italiani che si sono espressi ben due volte (Referendum del 1987 e del 2011) e con convinzione (circa l’80% dei votanti nel primo e oltre il 94% nel secondo) contro il nucleare; appare a dir poco folle la proposta di Calenda e Salvini di riproporlo in un Paese altamente sismico qual è l’Italia*. Questa fonte di energia estremamente pericolosa e sporca (l’Italia ancora non è riuscita a smaltire le scorie prodotte dalle centrali dismesse); dopo che si sono già verificati due disastri di massimo livello (7 scala INES) di Chernobil prima e Fukushima poi, nonostante tutti i sofisticati e altissimi standard di sicurezza del Giappone; non consentirebbe né ora né a lungo termine una bolletta più leggera né in termini economici né ambientali. Basta guardare cosa accade nella vicina Francia, piena di centrali nucleari, talune alquanto fatiscenti e pericolose, dove il costo dell’energia è ben più alto che in Italia.

Indipendenza energetica nel nostro Paese significa innanzitutto produrre energia da fonti rinnovabili in modo sostenibile ed in piena autonomia. Questa la strada intrapresa, ad esempio, dalla società Renexia, leader italiano nel settore dell’eolico offshore, che ha reso prioritari i momenti di concertazione e di confronto, sia con il mondo ambientalista che con quello scientifico, nella realizzazione di medi e grandi impianti. Occorre cessare un’attività da “trogloditi energetici” qual è quella di bruciare gas metano per produrre energia elettrica.

Il gas “salvato” potrà così trovare impiego nelle diverse attività antropiche ridefinite secondo logiche di efficientamento energetico magari dopo aver reso smart la rete, per evitare perdite di carico. È chiaro che questi interventi non sono immediati ma possono e devono essere accelerati per scongiurare il peggio. A breve termine possiamo solo auspicare che la diversificazione sugli approvvigionamenti, avviata dal Governo Draghi, non esponga il Paese a sostenere costi svantaggiosi che si tradurrebbero, ancora una volta, in extra deficit o in caro bollette.

Se davvero vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni un pianeta abitabile, questo non può prescindere da un uso responsabile dell’energia elettrica, del gas e di ogni altra risorsa. La pandemia ci ha insegnato lo smartworking e le potenzialità dell’interconnessione comodamente da casa, questa crisi energetica ci insegni a consumare di meno e a diventare produttori di energia pulita e costruttori di nuove comunità energetiche.

Di soluzioni boomerang in campagna elettorale ne sentiremo a iosa ma le scorciatoie per aggirare Madre Natura non esistono.

* Fa eccezione, per la ridotta sismicità, la Sardegna che, a ragion veduta, con referendum consultivo regionale del 2011 ha espresso, con oltre il 97% dei votanti, la contrarietà dei sardi all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti.

Foto di ri da Pixabay 

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